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LETTERA PASTORALE NELLA GLORIOSA FESTA

DELLA NATIVITÀ DEL NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO

 NELL'ANNO DELLA SALVEZZA 2025

LA NATIVITÀ DI CRISTO –  RINNOVO DELLA NOSTRA VITA

 

† SILUAN

 

Per grazia di Dio, Vescovo della Eletta da Dio Diocesi Ortodossa Romena d'Italia,

Al Piissimo Ordine Monastico, Al Reverendissimo Clero

e ai Fedeli d’Italia, San Marino e Malta,

Grazia, pace e gioia, dal Filantropo Signore, e, da noi, paterno abbraccio e apostolica benedizione.

Amati fratelli e sorelle in Cristo nato per noi nella mangiatoia di Betlemme,

Eccoci, per misericordia di Dio, raggiunti, ancora una volta, nel tempo della gloriosa celebrazione della Natività del nostro Signore Dio e Salvatore Gesù Cristo. Dopo il periodo di preparazione, che precede la festa, il cristiano onora anche, secondo la sua fede e l’eredità ricevuta dai suoi antenati, la venuta nel mondo del Salvatore, mentre il mondo circostante celebra, a modo suo, pubblicitario e commerciale, le “festività invernali”. La frenesia quotidiana, che ha raggiunto un ritmo sempre più scatenato, non lascia più all’essere umano che vive in questo mondo, né al cristiano, energia e tempo per sedersi e fermarsi in silenzio e riflettere sul grande Mistero salvifico che la grande festa porta.

Se l’attenzione del mondo circostante è rivolta più all’esterno, l’attenzione del credente si sposta dalla “preoccupazione mondana” al Mistero della presenza della grazia di Dio, nascosta nel suo cuore, fin dal Battesimo. “Il regno di Dio è dentro di voi” (cfr. Luca 17:21), dice il Signore ai Suoi discepoli e, attraverso di loro, lo dice anche a noi. La presenza di questo Mistero nel cuore umano è come le braci che bruciano nel focolare, quasi inavvertitamente, sotto le ceneri. E così come le braci devono essere costantemente nutrite affinché non si spegnano, così anche il Mistero della grazia, che rende Cristo il Salvatore presente nel cuore dell'uomo, deve essere mantenuto. Ma come si possono mantenere le braci–grazia nel cuore umano?

Il primo e più utile mezzo per evitare che la grazia si spenga nei nostri cuori è il ricordo e l’invocazione, in ogni momento, del Nome del Signore. A partire da Enos, figlio di Set e nipote di Adamo, “Il nome del Signore Dio” è invocato dagli esseri umani (cfr. Genesi 4:26). Viene invocato con speranza. È invocato con fede. L’invocazione del Nome del Signore diventa così anche una confessione di fede nel Figlio di Dio, il Salvatore del mondo. E se aggiungiamo alla invocazione del nome del Signore, “abbi misericordia di me” o “abbi misericordia di noi”, aggiungiamo anche il nostro pentimento per ciò che abbiamo fatto di male, il pentimento così necessario per la salute della nostra anima. L’invocazione del Nome del Signore comprende in essa la nostra fede e fiducia nel Signore e nella Sua misericordia, per noi e per il mondo intero. Ma significa anche l’assunzione coraggiosa e sicura dei propri peccati davanti all’Invocato, contrariamente alla non assunzione del nostro antenato, Adamo. Attraverso questa assunzione dei propri peccati, ogni ipostasi umana che invoca il Nome del Signore Dio si inserisce nel flusso che include tutti coloro che, attraverso i secoli, hanno invocato il Signore e, allo stesso tempo, è inserita, dal Figlio dell'Uomo – il Nuovo Adamo, nell’assunzione dei peccati di tutti gli uomini, a partire dall’Adamo caduto. In questo senso, si compiono le parole del Signore, pronunciate attraverso la bocca del profeta Gioele (3:5) e del Santo Apostolo Pietro (Atti 2:21), che dicono: “Chiunque invocherà il Nome del Signore sarà salvato.”

In Cristo, che porta in Sé tutta l’umanità e adempie al pentimento che Adamo non ha compiuto, ogni essere umano che si pente assume, nel proprio pentimento, tutti i suoi antenati (e discendenti!). Cristo Signore, Figlio eterno di Dio, che divenne anche Figlio dell'Uomo, “Che si pente della malvagità degli uomini” (cfr. la Preghiera di Manasse), assume in modo totale l’Uomo intero, l’intera umanità, rinnovandola e restaurandola. L’immagine distorta, sfigurata dal peccato, dell’Adamo caduto viene restaurata in Cristo – il Nuovo Adamo e, attraverso di Lui, in ogni “figlio dell’uomo” che si è vestito di Cristo, attraverso il Battesimo. E ogni “figlio dell'uomo” è chiamato ad assumersi i propri peccati e quelli dei suoi predecessori, come il fratello maggiore Cristo Signore, che, non avendo alcun peccato, si assunse i “peccati del mondo”. In questo modo, il rinnovamento che arriva nell’uomo, attraverso l’ “umanizzazione” di Dio, si compie nella divinizzazione dell’uomo.

I figli di Dio, tuttavia, non solo ripongono la loro speranza “nel chiamare il nome del Signore Dio” (cfr. Genesi 4:26), ma sono modellati sull’immagine del Figlio eterno del Padre, che divenne uomo, e cercano di seguirlo esattamente e di mostrare il loro amore per Lui, osservando i comandamenti e ascoltando la Sua parola, come dice Egli stesso:  “Chi ha i miei comandamenti e li osserva è colui che mi ama” (Giovanni 14:21) – “Se qualcuno mi ama, manterrà la mia parola” (Giovanni 14:24). In colui che desidera essere come il Signore, i suoi comandamenti diventano il principio di vita, in tutti i giorni della sua vita e in tutte le sue circostanze, e la parola del Signore diventa per lui più preziosa del pane, diventa “spirito e vita” – perché “l'uomo non vivrà solo di pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio” (Matteo 4,  4), e le sue parole “sono spirito e sono vita” (Giovanni 6:63).

I figli di Dio, rinati “dall'acqua e dallo Spirito” (cfr. Giovanni 3:5), hanno come nutrimento specifico e corrispondente alla loro nuova identità tutto ciò che è spirituale, poiché “è lo spirito che dà la vita” (cfr. Giovanni 6:63). E il Figlio del Padre Celeste propone loro, per cibo, “il vero cibo e la vera bevanda”, dicendo: “Il mio corpo è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda” (cfr. Giovanni 6:55). “Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue ha la vita eterna” (Giovanni 6:54). Pertanto, nutrendoci con il Corpo del Signore e il Suo Sangue, la Sua vita eterna entra in noi e rimane eternamente.

Per ordinare la continuità della comunione con lo Spirito e con la Vita, la Chiesa, nella sua saggezza, attraverso la voce dei Santi Apostoli e dei Santi Padri, ha stabilito, dicendo:

 “Tutti i credenti che entrano (nella chiesa) e ascoltano le Scritture, ma che non restano per la preghiera e per la Santa Comunione, devono essere esclusi, come coloro che producono disordine nella Chiesa.” (Canone 9 dei Santi Apostoli)

Il Canone 2 del Concilio di Antiochia (338-341) rafforza questa affermazione:

“Tutti coloro che entrano nella chiesa e ascoltano le Sacre Scritture, ma non partecipano alla preghiera con il popolo, o, per qualche disordine, si allontanano dalla Santa Comunione dell’Eucaristia, devono essere respinti dalla Chiesa, fino a quando, dopo aver confessato e mostrato i frutti del pentimento e aver pregato con fervore, potranno ottenere il perdono.”

E i Santi Padri Ignazio e Callisto Xantopoli ci dicono:

“Ma nulla ci aiuta o contribuisce così tanto alla purificazione dell’anima e all’illuminazione della mente, e alla santificazione del corpo, e alla trasformazione di entrambi in uno stato più divino, e all’immortalità, persino alla vincita contro le passioni e i demoni, o, più appropriatamente, all’unione soprannaturale con Dio, che la comunione continua, con un cuore e un sentimento puri, per quanto possibile per l’uomo, con i purissimi, immortali e vivificanti Misteri, con il Corpo e il Sangue del Signore e del nostro Dio e Salvatore Gesù.” (Filocalia dei Santi Padri, cap. 91)

Così, tutto ciò che riguarda la nostra vita e l’impegno a vivere secondo i comandamenti di Cristo ha un carattere continuo! Invochiamo continuamente il nome del Signore, osserviamo continuamente i Suoi comandamenti, ci pentiamo continuamente della nostra malvagità e delle nostre cadute, chiediamo continuamente perdono e diamo perdono agli altri, ci tratteniamo continuamente da “ogni apparenza del male” (cfr. 1 Tessalonicesi 5:22) e ci esortiamo a fare tutto il bene; ci nutriamo continuamente con la parola del Signore, con il Suo Santo Corpo e con il Suo Caro Sangue, proteggiamo continuamente i nostri cuori, menti e sensi dai “virus” che avvelenano l’anima,  ci sforziamo continuamente di avere compassione per tutta la sofferenza del mondo e di custodire l’amore per Dio e per il prossimo, fino alla fine dei nostri giorni. In questo modo, assumiamo, ci appropriamo e compiamo, nelle nostre vite, tutto ciò che il Signore ci ha portato attraverso la Sua umanizzazione! Altrimenti, la venuta di Dio nel mondo non porta alcun cambiamento nelle nostre vite, ma rimane solo un pretesto per farci dei regali, mangiare e bere ciò che è consueto, e poi tornare alla corsa quotidiana...

L'anno 2025 è stato, per la nostra Chiesa, pieno di significati e di anniversari. Abbiamo celebrato il centenario del Patriarcato romeno, fondato nel 1925. Abbiamo goduto della solenne proclamazione di venti Santi Padri Martiri e Confessori, provenienti da Romania, Bessarabia e Monte Athos, che vivevano nel ventesimo secolo. Abbiamo celebrato il giubileo del ministero pastorale sul suolo italiano, ringraziando Dio per il fatto che, a partire dal 1975, a Milano, sia stata fondata la prima parrocchia ortodossa romena, e oggi oltre 330 sacerdoti sono presenti in oltre 400 località, soddisfacendo le esigenze spirituali dei fedeli che vivono in queste terre. Per tutto questo e per tutti i benefici che sono stati riversati sui fedeli, i monaci e il clero della nostra Diocesi, rendiamo gloria a Dio e gli chiediamo di continuare a proteggerci, e di guidarci sul cammino del ministero salvifico.

Con l’augurio che, in ciascuno di voi, sia compiuta la chiamata con cui il Signore Dio vi ha chiamati dal non-essere esistenza, vi giungano il mio abbraccio e la mia benedizione paterna.

Vostro padre in Cristo,

† Vescovo Siluan

Della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia

Nella luminosa Solennità della Natività del Redentore nostro, Gesù Cristo, dalla nostra residenza episcopale della città di Roma, il 25 dicembre, anno della redenzione 2025.